«L'esistenza in quasi tutte le valli appenniniche di specchi lacustri più o meno grandi, secondo l'ampiezza delle medesime, per la durata quasi di tutto il Quaternario, è un fatto ormai acquisito...

Il formarsi di questi laghi era dovuto a due cause principalmente: l'afflusso delle acque che durante il Quaternario è stato molto più abbondante di oggi per la presenza dei ghiacciai su quasi tutte le vette appenniniche, e il fatto che le valli, essendo di recente formazione, non erano ancora erose dalle acque stesse e quindi presentavano vari sbarramenti che impedivano il libero deflusso al mare. Si potevano così formare lungo una stessa valle anche più di un lago, dovuti a sbarramenti che determinavano avvallamenti o pianori ad altitudini diverse risalendo verso l'interno...
La scomparsa di questi laghi è dovuta a una duplice causa: al riempimento graduale del bacino con i materiali che gli affluenti vi trasportavano e all'approfondimento progressivo dell'emissario per erosione della gola attraverso cui passa: tutt'e due le cause tendono contemporaneamente allo svuotamento completo del bacino lacustre...
Questa che noi oggi chiamiamo «Valle dell'Aterno» per il fiume che vi scorre, e «Conca de L'Aquila» per la città che siede a cavaliere di una collina quasi nel mezzo, ad un'altezza media di circa 700 m. dal mare, sbarrata come era dalla congiunzione di Monte Urano con Colle Mentino presso Raiano, nel periodo glaciale del Quaternario, come si è detto, doveva costituire un bacino chiuso, e perciò un grande lago che per mezzo di cateratte e cascate, immetteva nell'altro sottostante bacino di Sulmona. Le rocce infatti che scendono a strapiombo, per un'altezza di circa 200 m., sul letto del fiume alle gole di S. Venanzio, in modo da non permettere altro passaggio all'infuori del fiume, sono rocce evidentemente erose dall'azione delle acque; prima della erosione, erano unite e costituivano un naturale sbarramento a tutte le acque che si raccoglievano nel retrostante bacino della Conca dell'Aquila...
Risulta chiaro che tutta la pianura che si estende a nord-ovest e a sud-est de L'Aquila è deposito quaternario in massima parte a facies lacustre. Lungo i margini infatti si trovano coni di deiezione e detriti di falda. nelle zone centrali invece si trova materiale più fino, come argille e marne, che erano trasportate in sospensione dalle acque e poi lentamente depositate nel fondo.
A questo si aggiungano i numerosi ed anche potenti banchi di lignite... Queste ligniti sono i resti della grande vegetazione che viveva lungo le sponde e su per i monti circostanti e poi accumulatasi in seno alle acque.
Altri testimoni molto eloquenti, oltre le ligniti, sono i numerosissimi resti di flora minuta, che si trovano in mezzo alle argille e alle marne, e di sfagni formanti in massima parte la torba: poi i resti di fauna microscopica e quelli numerosi di ostracodi, di gasteropodi, di lamellibranchi e in ultimi quelli di grandi mammiferi: cervi, buoi, cavalli, orsi, cinghiali, elefanti, ippopotami, che vengono fuori un po' quasi da per tutto, sia dalle ligniti che dai sedimenti...

 

Archidiskodon Meridionalis e Mammuthus Primigenius

 

CLIMA E AMBIENTE – Le condizioni climatiche e quindi ambientali della vita che si svolgeva attorno al lago e in seno alle acque dovevano essere anch'esse molto diverse da quelle attuali della Conca...
Certamente il clima della regione era quello che si veniva formando man mano in tutta la penisola e nel resto dell'Europa, determinato dalle condizioni e cause generali geografiche ed anche astronomiche di vasta portata. Le espansioni glaciali... anche nella nostra regione hanno fatto sentire i loro effetti, anche i nostri monti hanno subito il fenomeno dei ghiacciai come li osserviamo oggi nelle vette e nelle valli delle Alpi...
Ma contrariamente a quanto si può pensare, quei periodi in cui tutti i nostri monti erano ricoperti da un manto bianco di neve e di ghiaccio non solo nell'inverno, ma anche nell'estate, non erano caratterizzati tanto da intenso freddo, quanto da estremi stagionali temperati con notevole umidità. «Devesi tener ben presente, dice il Fabiani, che non tanto il freddo quanto l'umidità concorre all'espansione glaciale, vale a dire questa espansione è meno (anzi talora non lo è affatto) favorita dal freddo secco con forti estremi stagionali di temperatura (clima continentale, esempio tipico la Siberia), che da temperatura meno rigida con moderati estremi stagionali e notevole umidità (clima oceanico)*.
Queste espansioni glaciali sono state intercalate da periodi con estati calde e meno umide, e inverni secchi con estremi forti, ripetenti più o meno le condizioni di oggi, con tendenza a stabilire un clima quasi continentale, almeno nelle nostre regioni chiuse come sono da alti monti.
Questo clima generale è stato certamente influenzato e forse anche modificato in parte dalle condizioni geografiche locali.
Le masse di acqua raccolte negli innumerevoli bacini lacustri sparsi lungo l'Appennino avranno senz'altro contribuito a rendere più umida l'atmosfera nei periodi glaciali, ma con la irradiazione del calore conservato e con la evaporazione abbondante avranno ugualmente influito sul clima degli interglaciali rendendoli meno rigidi e anche più umidi, riducendo così di molto la differenza tra le escursioni termiche massime estive e minime invernali.
Il clima attuale della Conca de L'Aquila è un clima con spiccata tendenza al continentale, con forti estremi stagionali, che possono raggungere punte massime di 40° in estate e -20° in inverno, con una media massima in luglio di 30° e una media minima in gennaio di -4°.
Quando invece nella Conca vi era il lago le condizioni climatiche, specialmente negli interglaciali, dovevano essere molto diverse, tendenti meno al continentale e più al temperato...
Con il ridursi delle variazioni climatiche, si riducevano di molto anche le variazioni di vita ambientale; queste si limitavano solo a quelle specie, vegetali e animali, che erano meno adattabili anche alle piccole variazioni climatiche, mentre perdurava la presenza di quelle specie che sopportavano bene le variazioni ordinarie.
E' così che possiamo spiegare la presenza fino al Wurm nella nostra Conca dì animali di clima tropicale e subtropicale, come l'Elephas antiquus e Hippopotamus amphibius; e non ci fa meraviglia che loro si muovessero tranquilli nelle acque e nelle loro immediate vicinanze, mentre i monti si ricoprivano di neve o anche di ghiacciai, come non ci fa meraviglia oggi vedere gli stessi animali muoversi tranquilli alle falde dei monti dell'Africa Orientale quando questi sono ricoperti di neve...
Solo quando queste masse di acqua erano scomparse o si erano ridotte ad insignificanti specchi lacustri, che non potevano esercitare più alcuna influenza sulle condizioni climatiche, anche quelle specie di animali e di vegetali che prima riuscivano ad adattarsi venivano a trovare l'ambiente completamente sfavorevole alle loro possibilità di vita e, non potendo migrare altrove, erano destinate a scomparire. Queste condizioni si sono verificate, come si è già visto, nelle ultime fasi della glaciazione del Wurm.
E fu proprio allora che gli animali si ridussero alle poche specie attuali, i monti divennero brulli senza vegetazione, specialmente nelle regioni più elevate, come nella Conca de L'Aquila. Prima invece, quando vi erano quelle acque calde e tiepide, la vita non era ridotta così al minimo, ma vi si svolgeva rigogliosa e potente nelle forme più varie e caratteristiche, conferendo alla regione un aspetto quanto mai bello e imponente»...

(da G. MARINI, Il Lagopleistocenico della Conca de L'Aquila, Lanciano, 1967, pp.11-16 e 49-55).
*Fabiani R. Trattato di geologia, Istituto Grafico Tiberino, Roma, 1952, pag. 418.

 

Articolo gentilmente concesso della Soprintendenza per i Beni Storici Artistici ed Etnoantropologici dell'Abruzzo-L'Aquila.