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Fu il grande geologo svizzero Louis Agassiz nel secolo XIX ad accorgersi, studiando le rocce e le valli alpine che qualcosa di grandioso doveva essere successo in epoche precedenti, qualcosa di talmente insolito da permettere ai ghiacciai alpini di ricoprire praticamente  tutta la catena montuosa con una coltre di ghiaccio dalla quale spuntavano solo le vette più alte. Successivamente i suoi studi lo portarono nel Canada dove si accorse che anche li era avvenuta la stessa cosa, ma con aspetti enormi rispetto alle Alpi. Agli inizi del  ”900” era chiaro che i ghiacci partendo dalle zone nordiche e dalle montagne, avevano più volte invaso le pianure del nord Europa e dell’America settentrionale, la stessa cosa era successa, ma con manifestazioni meno imponenti causa la minore estensione delle terre emerse, nell’emisfero sud. Era ovvio che per verificarsi, un simile evento avesse bisogno di una sostanziale diminuzione delle temperature medie, il problema era scoprirne la causa. All’inizio fu un fiorire di teorie, alcune assai bizzarre, ma tutte puntanti a cause extraterrestri. Si ipotizzò la presenza di grosse nubi di polvere cosmiche che avevano provocato una diminuzione dell’insolazione, oppure la caduta di asteroidi, ma non furono trovati i crateri d’impatto. Addirittura qualcuno cercò di spiegare il mistero con strani cicli solari che causarono una decremento dell’energia solare emessa e di conseguenza un crollo delle temperature. Qualche geologo ipotizzò massicce eruzioni vulcaniche, ma non fu trovata nessuna prova geologica a supporto. Qualunque teoria però cozzava contro una caratteristica delle glaciazioni che era emersa prepotentemente, la loro CICLICITA’, praticamente ogni 100.000 anni i ghiacci tornavano dalle zone nordiche, le avanzate erano seguite da cicli interglaciali della durata approssimativa di circa 25.000 anni. Era lampante che nessuna nube interstellare poteva essere posizionata in modo da perturbare l’insolazione terrestre ogni 100.000 anni, come pareva impossibile che ci fosse un  impatto da asteroide con la stessa cadenza e soprattutto nulla faceva pensare ad una fluttuazione dell’energia solare con quella tempistica, nessuna prova geologica o fisica la supportava.

Fu un giovane astronomo serbo, Milutin Milankovitch che negli anni “20” del secolo scorso svelò, anzi per meglio dire, propose una spiegazione che rimane tuttora la più attinente alla risoluzione del problema. Milankovitch ebbe due geniali intuizioni: primo ipotizzò che le glaciazioni non fossero causate da inverni eccessivamente  rigidi, ma da estati fresche. Egli aveva giustamente intuito che nelle zone dove i ghiacci iniziano ad accumularsi, gli inverni,  per quanto più caldi rimangono sempre rigidi e quindi atti a ricevere intense precipitazioni nevose. E’ l’estate che fa la differenza, se essa è calda non c’è nulla che tenga, la neve si scioglie e tutto ricomincia daccapo, ma se è fresca allora non tutta la neve si scioglierà e quindi altra se ne accumulerà l’inverno successivo. Alla fine la formazioni di calotte sempre più estese inizierà ad autoalimentarsi e il fenomeno si trascinerà finchè il sopraggiungere di estati molto calde non porterà ad un’inversione di tendenza ed alla successiva fase di deglaciazione. Il secondo colpo di genio fu l’intuizione che le variazioni dell’orbita terrestre pur mantenendo costante il bilancio energetico del pianeta, potessero provocare una diminuzione dell’insolazione estiva ed avviare quindi il ciclo glaciale. L’orbita terrestre ha tre parametri variabili: l’inclinazione dell’orbita, il passaggio al perielio (precessione degli equinozi) e l’eccentricità dell’orbita stessa. L’inclinazione dell’asse varia da un minimo di 22.1° a un max di 24.5° con un periodo di circa 40.000 anni, essa contribuisce a rafforzare le stagioni poiché ad inclinazione maggiore corrispondono variazioni stagionali maggiori, inverno più freddo ed estate più calda. La precessione influisce sul passaggio al perielio ( punto più vicino al sole) e varia con un periodo di 24.000 anni. Oggi tale punto viene raggiunto i primi di gennaio; fra 12.000 anni i primi di luglio. Anche la precessione influisce sulle stagioni poiché se il perielio viene raggiunto in gennaio come adesso, si ha un inverno leggermente più caldo ma un estate  più  fresca. Il terzo parametro agisce sulla forma dell’orbita terrestre facendola diventare più o meno ellittica e quindi aumentando le differenze imposte dalla precessione. L’orbita terrestre passa da un’eccentricità minima di 0.005 ad una massima di 0.06 con un periodo di circa 100.000 anni. Milankovitch calcolò ( a mano!!!) che quando tutti i parametri si sommano: eccentricità massima, passaggio al perielio in pieno inverno e inclinazione minima, la quantità di insolazione estiva che raggiunge l’emisfero nord diminuisce di circa il 20%, tale decremento è sufficiente come dimostrato dall’uso dei modelli matematici, affinché il ghiaccio si accumuli nelle zone nordiche. Inoltre le ricostruzioni hanno evidenziato che nel ciclo principale dei 100.000 anni c’è un picco secondario ogni 40.000 anni circa( inclinazione) e 22.000 ( precessione).

Tutto risolto? Non proprio poiché la stessa teoria pone due problemi principali: tutte queste variazioni riguardano l’emisfero nord, in quello sud sono speculari. Quindi mentre l’insolazione  estiva al nord diminuiva del 20% al sud, che ha le stagioni opposte, aumentava della stessa quantità. In base a quanto detto dovremmo avere un emisfero nord glacializzato e quello sud in piena regressione, cosa che come sappiamo così non è, i ghiacci aumentarono ovunque. Secondo: tra tutti e tre le variazioni quella che più influenza l’insolazione è l’inclinazione dell’asse, seguita dal passaggio al perielio e in ultimo la variazione dell’eccentricità dell’orbita che anche al suo valore massimo rende la stessa poco diversa da un cerchio. Però sappiamo bene che il ciclo principale è proprio quello corrispondente alla variazione dell’eccentricità. A queste incongruenze teoriche non è stata trovata una soluzione certa, ma gli studi degli ultimi tempi hanno portato a qualche spiegazione plausibile. Per la prima si è pensato che i cicli di Milankovitch siano l’innesco, ovverosia la causa scatenante. Una volta che il ghiaccio ha raggiunto un certo accumulo nell’emisfero nord, esso causa delle variazioni climatiche che oltre all’autoalimentazione provocano il raffreddamento della parte sud del pianeta. Quanto detto chiama in causa l’unico elemento naturale che può fungere da trasportatore: l’OCEANO. Si suppone che le variazioni climatiche a nord oltre ad alterare il clima con l’aumento dell’albedo, le variazioni alla circolazione generale dell’atmosfera possano indurre cambiamenti anche nella circolazione oceanica tali da far saltare il sistema clima in modalità FREDDO. La seconda incongruenza è molto più ostica ma per spiegarla si sono usate due ipotesi.

LA RISONANZA: ovverosia si è supposto che il sistema climatico abbia una naturale frequenza di oscillazione vicina ai 100.000 anni e di conseguenza pur essendo la variazione dell’eccentricità la meno influente sull’insolazione estiva essa, poiché uguale o vicinissima alla frequenza del sistema, risulta quella più determinante.

L’ISOSTASIA: la terra è composta dalla crosta (litosfera) dura ma leggera che galleggia sul mantello (astenosfera) liquido ma più denso, quando per qualche ragione viene perturbato l’equilibrio di “galleggiamento” il sistema lo ritrova attraverso movimenti verticali detti appunto isostatici. Calotte immense come la Laurentide e la Scandinava avevano un peso enorme e questo non può non aver perturbato l’equilibrio isostatico della crosta terrestre che ha dovuto giocoforza sprofondare nel mantello affinché esso venisse ristabilito.

Si suppone, a ragione, che esso non sia stato ripristinato subito, ma con ritardo avendo così un duplice effetto, all’inizio il ghiaccio accumulato ha fatto innalzare la calotta a quote sempre più elevate contribuendo, visto che la temperatura diminuisce con l’altezza, al grande exploit delle stesse ( 30.000 anni per accumulare dai 3000 ai 4000m di ghiaccio). Questo ritardo di reazione è stato però, una volta raggiunto un punto critico di sprofondamento, anche la causa del rapido scioglimento delle calotte stesse ( 10.000/12.000 anni) poiché al sopraggiunto riscaldamento ha permesso all’acqua del mare di insinuarsi sotto le calotte e sgretolarle rapidamente. Teniamo presente che nonostante la Laurentide sia sparita da circa 8.000 anni e la calotta Scandinava si sia sciolta completamente circa 6.000 anni fa, le zone dove esse hanno maggiormente gravato si stanno ancora sollevando, tant’è che sia la zona circostante la baia di Hudson che l’intera Scandinavia, continuano a sollevarsi di circa un cm all’anno. Questo porta a pensare che il sistema isostatico induca un ritardo nel ciclo climatico tale  da portare il punto critico intorno ai 100.000. La maggior parte degli scienziati ritengono l’isostasia e non la risonanza, la causa che determina l’importanza del ciclo di 100.000 anni. C’è da dire che quanto detto non giustifica pienamente e definitivamente tutto quanto è avvenuto durante le glaciazioni rendendo le stesse avvolte ancora in parte nel mistero.

Pasquale Contento