Così dice una delle regole della moltiplicazione e tale concetto è applicabile anche alla meteorologia. Analizzeremo alcune delle più grandi ondate di gelo del secolo scorso paragonandole con le ricostruzioni fatte dai paleoclimatologi del NOAA, di alcuni tra i più freddi inverni del millennio appena trascorso per dimostrare come le disposizioni bariche generali siano pressoché le stesse.

Partiremo dal 1929,  questo inverno presentò diverse irruzioni gelide, purtroppo per questo anno non esistono al momento ricostruzioni mensili ma solo dei singoli giorni, io ho messo in evidenza due date fondamentali: il 3 febbraio culmine del gelo in italia e il 14 febbraio culmine della neve nel centro Italia ma ci sarebbero tanti altri giorni in gennaio e febbraio da mettere in evidenza

 

3 febbraio 1929 pressione al livello del mare

 

3 febbraio 1929 temperatura a 850hpa

 

Questa carta è di una potenza ineguagliabile, la -28 C° abbraccia il NE, la -24C° su  buon parte dell’Italia orientale e la -20 C° in quasi tutto il centro-nord, un qualcosa di irripetibile. Il 14 febbraio invece si realizzò una combinazione ideale per la neve al centro con ingresso dalla porta del Rodano.

 

14 febbraio 1929 pressione al livello del mare

 

14 febbraio 1929 temperatura a 850hpa

Nevicò copiosamente su tutto il centro Italia con accumuli notevoli ovunque, Roma compresa.Ora andremo ad analizzare la situazione barica intesa come anomalie di geopontenziale a 500 hpa del febbraio 1956 e precisamente il periodo dal 2 al 20 febbraio che rappresentò una delle più forti ondate di freddo che colpì l’Europa nel secolo scorso.

La cosa che volevo mettere in evidenza è come ci sia un’anomalia di alte pressioni su tutto il nord Europa mentre fa da contraltare una anomalia pressoria negativa sul sud del vecchio continente. Questa situazione fa si che fiumi di aria gelida scorrano dalle alte latitudini verso la parte sud del continente e la posizione della bassa pressione recita il ruolo di protagonista, più è a sud e più è intensa tanto maggiore sarà l’entità del freddo che ci colpirà. Nel 56 è evidente che la bassa pressione si instaurò principalmente sul nord italia ed è proprio li che si ebbero le temperature più basse con i -20 gradi superati diffusamente ed abbondantemente anche in Pianura Padana ed i  -45C° di Trepalle di Livigno. Le nevicate maggiori sia da stau che da scorrimento colpirono principalmente il centro Italia con particolare riferimento al settore orientale.

 

Ora facciamo un salto di quasi trentanni e ci ritroviamo nel gennaio 1985:

Il periodo 1/12 gennaio racchiude in se un’ondata gelida dai connotati storici. La massima anomalia negativa di gtp stavolta è più a sud e abbraccia quasi tutto il centro nord ed è anche più intensa, difatti il freddo fece epoca in Toscana  con i -23C° di Firenze ed in Emilia dove furono raggiunti i -29C° a Sanpietro  Capofiume che rappresentano il record negativo italiano in pianura.

 

Dopo altri ventanni eccoci nel febbraio 2005:

Qui si nota che la disposizione barica è pressoché identica ma le anomalie pressorie sono molto meno intense quindi in quel periodo anche se il freddo fu lungo non raggiunse mai i livelli dei casi precedenti.

 

Il febbraio 2012 è un altro capitolo di questa storia di gelo:

Anche in questo caso quasi identica la distribuzione pressoria rispetto al passato. Molto accentuata la bassa pressione a sudovest della penisola, ciò ha portato ad intensi contrasti freddo/caldo e ad abbondanti nevicate. Anche il freddo comunque raggiunse picchi notevoli in diverse stazioni del centro nord Italia.

 

Ora analizzeremo alcuni inverni storici del lontano passato, mi scuso anticipatamente per la non eccelsa qualità delle carte ma il sito di paleoclimatologia del NOAA non funziona correttamente e le ho dovute “raccimolare” su internet.

Un altro gelo storico si ebbe nel gennaio 1709 rappresenta il culmine del freddo della PEG, nel periodo che va dal 6 al 24 gennaio vennero raggiunte in Europa le temperature più basse degli ultimi 500 anni. Il freddo cominciò il 6 gennaio e durò in tutto il suo rigore fino al 24. Tutto ciò che era stato seminato andò distrutto, gran parte degli animali morì di freddo, soprattutto le galline, al punto che le uova salirono a 25/30 soldi la dozzina, ed al poco pollame sopravvissuto si vide congelare e cadere la cresta. La gran parte delle bestie morì nelle stalle così pure gli uccelli: anatre, pernici, beccacce e merli morirono congelati e furono trovati stecchiti sulle strade e sugli spessi strati di ghiaccio e neve. Querce, frassini e altri alberi di pianura si spaccarono per il gelo, due terzi dei noci e delle viti morirono” . Questo racconto é di un sacerdote francese di Angers ed è tratto da quel grande capolavoro che è il libro “Tempo di festa, tempo di carestia” di Emmanuel Le Roy Ladurie. I noci e i meli morirono anche nella pianura padana e nelle zone interne italiane; dal momento che queste piante resistono bene fino a 30° sottozero, si suppone che in queste zone le temperature siano andate oltre tale limite.

Questa è la ricostruzione della pressione al suolo di quel terribile gennaio.

Come vedete la distribuzione pressoria è sempre la stessa, ponte anticiclonico tra le azzorre e la russia e depressione sul basso tirreno che fa da pompa per il freddo che viene da NE.

 

Passarono trent’ anni e un altro terribile inverno colpì l’Europa, il gennaio ed il febbraio 1740 si ripresentarono di nuovo gelidi in tutto il vecchio continente, la Mosa si copri di ghiaccio fino al 15 marzo, così come il Tamigi e la maggior parte  dei fiumi europei.

Ancora una volta ponte di Wejikoff e depressione sul basso tirreno, notare come questa volta essa sia stata in media meno profonda del 1709 e quindi il freddo sia stato meno intenso.

Tutto quanto detto finora vuole solo dimostrare che le condizione pressorie di un grande inverno europeo sono sempre le stesse: blocco delle correnti atlantiche attraverso il ponte di Wejikoff e depressione tirrenica che fa da pompa. Ovviamente condizioni preesistenti fanno la differenza, credo che il gelo del 1709 sia stato possibile non solo per la perfetta distribuzione barica ma anche perché il bacino freddo presente a NORDEST era molto più intenso di quelli odierni trovandosi allora in piena PEG.

 

Pasquale Contento